Bruno Biondi

 

Testo critico mostra personale di Bruno Biondi a cura di Massimiliano Bisazza




“Le stanze verticali”



“L'inconscio è l'oceano dell'indicibile, di tutto ciò che è stato espulso dalla terra del linguaggio, rimosso come risultato di un'antica proibizione”


(Cit. Italo Calvino)



Quando per la prima volta vidi i lavori di Bruno Biondi ho avvertito una scossa emotiva, una sorta di empatia primigenia, enucleata spontaneamente e semplicemente osservando le opere. La sensazione è subito stata confermata dopo aver parlato direttamente con l'artista: riflessivo, profondo, dallo sguardo impenetrabile.


Quanto l'arte possa essere taumaturgica è insondabile, ma è certo che ho sempre ritenuto fosse profondamente possibile, veritiero e soprattutto necessario. Riuscire ad esorcizzare le proprie paure interiori, i propri fantasmi inconsci, le proprie tensioni emotive e psichiche; esternandole con l'ausilio della creatività è possibile.


Bruno Biondi, a mio avviso, riesce a fare tutto questo nei suoi quadri: impattanti, intensi e carichi di atmosfere che oscillano dal cupo del buio dell'anima - di quella parte più nascosta del nostro inconscio -  sino all'intento anelante di volersi avvicinare a quella luce che troppo spesso è stata spenta dagli accadimenti della vita.


Spesso le tonalità di grigi e neri fanno da “padroni” nelle opere di Bruno Biondi mentre le cromie chiare sono di riflesso meno presenti, ma “SONO”, ci sono … e vogliono farsi sentire; vogliono emergere, sommergere il fruitore dell'opera che le osserva abbagliato, incuriosito, ma le percepisce ancora fievoli e deboli in taluni casi.

Segni incisi o disegnati e dipinti troneggiano orizzontalmente ma assai più verticalmente; scorticano la tavola lignea, affondano il segno nella tela e si mostrano a noi quasi come cicatrici dell'anima; come portali che secondo una tridimensionalità virtuale ambiscono a portarci nell' ”OLTRE”...


Noto, tra le tante sfumature, un avvallamento accennato, presente tra un biancore del  supporto cartaceo e un nero che imperversa, quasi a volerci ricordare la sua presenza - quella del nero profondo - e la voglia di manifestarsi.

Si tratta di una conca virtuale che porta lo sguardo verso il basso dell'opera d'arte: un memento mori astratto, un cupio dissolvi metaforico e sotteso, che ci riporta al lato oscuro della mente.


Quanta bontà d'animo trovo in questo artista che sceglie volutamente di condividere con noi le sue emozioni più inconsce, il suo vissuto psicologico, i suoi traumi....l'essere.





Non di meno ci porta per mano verso tele che si paventano davanti a noi con textures simili a rifrazioni verticali, dove il colore ha un'imprimitura differente alla base e si palesa con accenni di bruni che echeggiano i colori delle terre.


Gli spazi simbolici che incontriamo nei lavori di Bruno Biondi sono a volte privi di aria e pieni di quella solitudine e di quell'ossessività compulsiva che dipinge con sentore espressionista e dunque istintivo. I materiali scelti, oltre al colore acrilico, spaziano dai cartoni, alla carta, alle segature e anche a sostanze edili e inerti. Tutto il materiale utilizzabile permette l'espressione di una concettualità che denota un segno primitivo, analitico ma che consente una moltitudine di letture dell'opera: in base all'angolazione in cui viene osservata, in base al proprio vissuto, in base alle tecniche ed ai supporti utilizzati.


Tutto è voluto, nulla è predefinito ma autentico, sincero e schietto, a tal punto da trasmettere delle sensazioni introiettate e talmente vere da permettere una “commozione” dei sensi. Si commuove la vista a guardare la potenza simbolica dei quadri di Biondi. Si commuove il tatto nel poterne percepire le asperità delle superfici, si commuove il gusto nel riuscire a pregustarne lo stupore; si commuove l'olfatto che riesce a percepire l'acre odore di bruciato che sembra giungere dal quadro e infine si commuove l'udito che può percepire il suono del vuoto ancestrale che perviene dalle superfici delle opere.


La linea retta dell'universo di Bruno Biondi è una poetica insita nel suo grafismo, tende più spesso verso l'alto (verticale) che non verso est o ovest (orizzontale); e questo mi fa riflettere alla voglia, al desiderio dell'artista di poter spiccare verso l'alto, sublimando le proprie emozioni positive e cercando di distaccarsi dai mondi degli stati vitali più bassi. Il desiderio di rinascita, di trasmutazione, ci rammentano la “fenice egizia”; quel meraviglioso uccello sacro - aquila multicolore - che ogni 500 anni moriva bruciato per poi rinascere dalle proprie ceneri e reinventarsi, mutare nella sua unicità....questo è il fine ultimo che riesco a percepire dai lavori artistici di Bruno Biondi.


Ecco dunque perché associo questi quadri a delle “stanze verticali” ma mentali,  a dei luoghi onirici che dominano la mente ma che l'artista desidera poter dominare; come se personificassero il luogo dove un regista teatrale - l'artista - , riesce a scrutare da dietro la quinta scenica, a regolare, a dirigere e infine a decidere quale sarà la trama, quale sarà il finale.


In mostra sino al 24 gennaio 2017

11 gennaio 2017 18:30

 
 

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